[Foto: Lunchtime atop a Skyscraper, Charles C. Ebbets 1932] Ho la sgradevole sensazione che molti, tra giovani e meno giovani, ignorino le origini del primo Maggio. Ora … avendo ben presente che abbiamo come capo un personaggio che riesce a vendere e stravolgere qualsiasi verità, e onde evitare che sentendolo vantarsi di aver concesso lui stesso tale giornata festiva. Quindi prima di andare a farmi la mia gitarella (più che altro aspettando che il sole scaldi un po’) ho pensato, e mi perdonerete la presunzione, di copincollare da qua una piccola perla di memoria. Non so dire, ma in questo momento ho come la sensazione che uno dei motivi per cui siamo tornati indietro di parecchi decenni, sia anche responsabilità di chi non ha affrontato il rischio di essere noioso (come in questo caso mi sento io) ribadendo cose che scontatamente si danno come assodate, LA memoria collettiva (la realtà smentisce questa convinzione, mi pare, no?) . Buon Primo Maggio a tutti, per quest’anno c’è ancora anche se certi paradossi dovrebbero far riflettere molto di più.
Primo maggio: storia e significato di una ricorrenza
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l’idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese: “Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”. Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.
Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l’opera di sensibilizzazione sul significato di quell’appuntamento. “Lavoratori – si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 – ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l’Internazionale!”. Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere. Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi. In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio. In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. Del resto si tratta di una scommessa dall’esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale – il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire – rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe. Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un’iniziativa di carattere internazionale. In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa. “La manifestazione del 1 maggio – commenta a caldo Antonio Labriola – ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista”. Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un’ottima riuscita: “Il proletariato d’Europa e d’America – afferma compiaciuto Fiedrich Engels – passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti”. Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l’anno successivo. Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell’appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la “festa dei lavoratori di tutti i paesi”.
Tra Ottocento e Novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L’obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento. Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il pane”, che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffragio universale e poi per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale. Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ? Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell’una e dell’altra caratterizzazione. Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una “festa ribelle”, ma nei fatti il 1 maggio è l’una e l’altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa. Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell’obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.
Dal dopoguerra a oggi
All’indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d’Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio. Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio. Oggi un’unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: “Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l’interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de’sensi; e un’accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell’avvenire, naturalmente è portata a quell’esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa”.
Grazie davvero del “ripasso”… io non posso che ammettere che, nonostante non abbia quindici o vent’anni, molto spesso campo di rendita anche in materia di ricordi (che sono anche ricordi ricordati da altri, per fortuna!).
“i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore”, sembra una battuta considerando che è passato più di un secolo e qui vogliono detassare gli straordinari che mi sembra una cosa aberrante, cioè ti pagano una miseria però se vuoi arrivare a fine mese puoi fare un sacco di straordinari, ma che bello, se si chiamano straordinari un motivo ci sarà, poi tanto chissenefrega se la gente cade dalle impalcature perchè è stanca morta, o se si sfracella perchè sta guidando da 15 ore, del resto le parole hanno perso significato ultimamente, basta guardare la parola libertà in che modo viene usata oggi e da chi…
grazie gì non l’ho letto tutto ma magari ripasso eh :-)
bella l’idea del ripasso… se è vero che ” repetita iuvant ” chissà, magari a qualcuno può servire a non dare tutto per scontato!
Buon primo maggio carissima…
Grazia
buon primo maggio da una lavoratrice stanca (oggi per me niente riposo, anche se lavoro solo tre giorni e quindi mi posso ritenere una privilegiata, quando è festa si lavora lo stesso)
Buon primo maggio a tutti!!
Ciao Gi ho un ramoscello di mughetto per te diretto diretto da Parigi….un bacio
buongiorno, per me il primo maggio è stato un giorno di lavoro, a casa ma lavoro.
grazie gi per l’excursus.
stasera ho la mia prima notte di lavoro dopo non si sa quanti anni.
emozione…
grazie Gì per il bellissimo ricordo; mi costerebbe perdere questa giornata, che per 53 anni (un po’ meno dai, da piccolo forse non festeggiavo ne l’una ne l’altra ricorrenza) festeggio sia come lavoratore sia come giorno della mia natività!!! mauro
Non vedo molta disinformazione tra gli under 30, semmai una sorta di avvilimento e rassegnazione. Certo, quando andavo io all’università c’era più attaccamento ideologico, si parlava dello statuto dei lavoratori di G. Giugni e si masticavano i rimasugli delle epopee sindacali dei ’70. Spesso come studenti palesavamo solidarietà ai lavoratori. Non credo tuttavia che ai più manchi coscienza sociale o sensibilità relativa; forse mancano proprio certezze che chi come il sottoscritto, nato nella seconda metà degli anni ’60 aveva..
Lei parla di progressivo abbandono ma, in verità, poco si è fatto istituzionalmente parlando per realizzare il processo inverso. In merito ad alcune sue osservazioni sono comunque concorde..
Buon lavoro
Tutti come noterete ho accumulato un certo numero di giorni di ritardo, grazie di aver condiviso le mie preoccupazioni e di avermi alsciato un segno
Claud chi più chi meno lo facciamo tutti :)
Stella non solo, non solo. Il concetto del lavoro è cambiato nella società. Siamo passati da castigo di dio ad orgoglio dell’uomo, direttamente al lavoro usa e getta, dove non esiste la progettualità del futuro. Come se una potesse far la velina tutta la vita;)
Maude la mia era un’estrema speranza in realtà:)
Grazia tu lo hai passato bene? hai fatto il ponte riposante?
geillis mmmm che tristezza lavorare il primo maggio, spero per te che oggi, quando tutti toravano, tu te ne sia andata a zonzo per rifarti:)
Mariluna gioiamia, spero tu non ti sia sentita trascurata, vengo subito a vedermi il mughetto, lo sai che lo adoro, no? un giorno dobbiamo escogitare una gita in provenza
Enza com’è andata? tutto bene? Andando fuori tema, hai visto report ieri? certo che se avessero fatto sta puntata un paio d’anni fa magari Uolter poteva pigliare appunti, eh
Mauro ma AUGURONIIIIIIIIIII!
che bello compiere gli anni in un giorno di festa praticamente mondiale! Certo che ad averlo saputo prima ti avrei fatto gli auguri di persona;)
Stefano ciao bentrovato. Chiarisco subito che la mia non era un’accusa campata in aria sul generalismo massificatore crescente, chiarisco anche che ho scritto cose diverse da quelle che hai recepito, visto che bonariamente non mi è parso d’imputare grandi responsabilità ad alcuno, preciso pure che ho scritto esattamente tra giovani e meno giovani non trentenni. Quindi non ho capito bene come orientarmi con la tua risposta.
Poi però mi sono detta, e se fossi stata troppo buonista volendo dividere responsabilità che tutto sommato non mi competono, visto che io a 20 anni sapevo (quasi a memoria) la legge 300 (lo statuto dei lavoratori) e il relativo commento critico di Smuraglia?
E se fosse vero che i baldi giovanotti che, con diverse funzioni, mandiamo in giro per il mondo fossero come questo tal Mr. Luciani born in Padova, in 1967? Ora senza fare troppa ironia, le prove mi sa che avvalorano i miei timori, e semmai ci sarebbe da chiedersi cosa ha imparato questo giovanotto alle elementari. Se non mi credi piglia un qualunque bambino sotto i 10 anni e chiedigli a sorpresa se Napoleone ha trionfato a Waterloo. Vedrai che ti guarderà schifato.
La stessa prova puoi farla con ragazzotti dai 25 ai 35 anni, fa domande banalissime, come fanno nei sondaggi (ad esempio “il sole gira attorno alla terra?”) noterai delle risposte allarmanti ed assai sorprendenti:)
(il pessimismo è una brutta cosa, e lo rifuggo. Ma bisogna comunque avere il senso della realtà, non credi?)