Approfitto della giornata nevischiosa, che per Genova è comunque un evento, per parlare di una delle cose che ho fatto la sera del 31. Si lo so, sono in ritardo ma mica ce la faccio a raccontare tutto!
Il tempo è adatto per parlare del film in oggetto, anche se ho giocato un po’ con le parole. L’Amore ai tempi del colera è stato ed è tutt’oggi uno dei migliori romanzi d’amore mai scritti. Un luogo senza una precisa collocazione storico-geografica dove il razionale non ha patria, dove a farla da padrone è l’Amore, quello con la A maiuscolata.
Il 31 sera mi sono gustata “L’amore ai tempi del colera”, tratto dall’omonimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez. Come tutti i libri dell’autore sudamericano, non deve essere stato facile ridurlo in un film. Pur essendo relativamente breve (l’edizione italiana della Mondatori conta circa 350 pagine), è però un libro densissimo di immagini, situazioni e personaggi. La storia è nota, e viene rispettata in pieno dal film: l’amore lungo 50 anni di Florentino Ariza per Fermina Daza, amore prima osteggiato dalla famiglia e poi reso impossibile dall’ostinazione di Fermina e da una serie di coincidenze sfortunate. 53 anni è quanto dura l’amore di Florentino e chiaramente rendere un tale lasso di tempo in un film non è facile. Il film è gradevole anche se lunghissimo: dura due ore e venti che però passano bene senza particolari patemi d’animo o scene stancanti. L’atmosfera della Colombia a cavallo tra l’800 ed il 900 è resa bene, con i discendenti degli spagnoli che , di fatto, dominano sui caraibici che vengono tenuti alla stregua di servi senza diritti. Il film è quindi positivo e da vedere. Non sono d’accordo con la critica che, in massa, l’aveva stroncato. Alcune note stonate che ho notato: i biglietti e lettere che i protagonisti si scrivono, sono scritti in inglese, mentre è evidente che dovevano essere scritti n spagnolo; ci sono alcuni errori minori di ambientazione, ma niente di eccezionale. Quello che non mi ha convinto, e qua sono d’accordo con la critica, è stata la recitazione della protagonista, la Mezzogiorno che ha impersonato Fermina Daza. Mentre per Florentino sono stati utilizzati vari attori, la Mezzogiorno ha impersonato Fermina in tutta la sua
vita, quindi un ruolo sicuramente difficile, reso improbabile dalle 5 ore di trucco a cui la Mezzogiorno si è dovuta sottoporre per la ripresa delle scene da “vecchia”. Ma siccome amo smodatamente quest’attrice italiana, le perdono volentieri qualunque cosa, sono certa che con l’espressività dei suoi occhi, pure uno spot sui spurganti dei lavabi avrebbe un senso. Insomma in parole povere è un film da vedere assolutamente!
Mi è piaciuto un commento del regista, che ha diretto anche uno dei film di Harry Potter: “per fare un film su Harry Potter bastava tagliare un pezzo del libro senza pensarci tanto su, per fare questo invece, tagliare le parti del libro di Garcia Marquez è stata un’autentica sofferenza”. Sono esattamente 3 giorni che ho un’idea in teta. Non so, a volte mi sembra di essere nata nell’epoca e nel paese sbagliati. O forse è proprio la razza umana che non mi si addice.
Tutto questo, vi chiederete, cosa c’entra con gli spaghetti in foto… bè niente, però mi andava di raccontarlo e questi spaghetti, tra passato e presente erano un buon mezzo.
In origine avrebbero dovuto essere gli spaghetti alle acciughe alle siciliana, me li fece mangiare più o meno una vita fa mio cognato siciliano doc. Io ho fatto la piccola variante di sostituire la normale pasta di semola con pasta integrale, il gusto ne guadagna alquanto.
Spaghetti integrali con acciughe alla siciliana
Ingredienti per due
180 g di Spaghetti integrali;
un vasetto di acciughe sott’olio (non lasciatevi tentare da quelle fresche, la ricetta si stravolge e non viene bene);
una manciata di prezzemolo;
3 cucchiai di pangrattato;
2 spicchi d’aglio
Mettere a tostare il pangrattato in un padellino e nel frattempo far cuocere gli spaghetti in abbondante acqua. Nel frattempo, usando l’olio del vasetto di acciughe, soffriggere l’aglio, quindi unire le acciughe sminuzzate grossolanamente a coltello per un paio di minuti. Spegnere e aggiungere un po’ di prezzemolo. Una volta scolata la pasta unirla alle acciughe e subito dopo unire anche il pangrattato tostato e per ultimo il restante prezzemolo, facendo saltare in padella per alcuni istanti. Mescolare velocemente e impiattare.
Anch’io l’ho mangiata tanto tempo fa, cucinata da un ragazzo di Parlermo, lui la chiamava Pasta alla mollica…
obbè geillis, la possiamo chiamare così pure noi, anzi, che dici se gli vado a modificare il titoletto? Sai che non l’ho mai chiesto a mio cognato come si chiamano? grazie infinite, almeno adesso lo so!
Bellissimo post ed ottima ricetta che ho gustato spesso, in occasione dei miei viaggi in Sicilia.
Baci
Concordo con te, uno dei romanzi meglio scritti, che ho letteralmente divorato e amato! Sono di Ferrara, vivo in un paesino di 2000 anime nella sua provincia e questa è per me una prerogativa a cui non potrei rinunciare..amo le grandi città ma non riuscirei più a viverci da quando ho scoperto la campagna!!! Bellissimi gli spaghetti:)) Elga
Ciao Fiordisale,
non è da molto che seguo il tuo blog e devo dire che mi piace un sacco! Qua c’è un pezzo di Sicilia che si fa largo tra i miei pensieri…che colpo al cuore! Conto di replicare presto qualche tua ricetta e questi spaghetti mi ispirano proprio tanto. Ti farò sapere, ciao e a presto
Silvana
questa è la pasta ca muddica (con la mollica) in bianco.
esiste anche una versione rossa che è quella che si fa a casa mia
ah Lenny come t’invidio, pure io vorrei andare in sicilia, magari verso aprile-maggio, quando i colori sono più vivi e il territorio non completamente contaminato dalle cavallette turistiche.
mah chissà, magari un giorno… chi può dirlo?
Elga ambè, fate a gara per farmi venire invidia oggi? Ci sono state due o tre mila cosa che si sono frapposte tra il mio sogno, quello appunto di una vta agreste in un piccolo centro dell’entroterra ligure e la realtà. Ma io so’ na combattiva, la spgna non la butto, non è ancora detta l’ultima parola, no?
Ciao Uvetta silvana piacere, sono davvero contenta che ti trovi bene qua, spero che tu torni presto, ti aspetto e vedrò di fare ancora cucina sicule, che adoro.
Enza ma il pomodoro non uccide il gusto delicato delle acciughe e del pane tostato?
devo essere sincera?
no :)
Enza eccerto che devi essè sincera, apposta stiamo qua! Comunque mi fido di te e la prossima volta la provo alla tua maniera. Spiega un po’ il pomodoro è fresco o pelato? quando va messo? nel senso lo si aggiunge al soffritto di acciughe e bon, niente spezie? nient’altro? oh guarda che io la provo davvero, sai? so’ un’allieva dilkigente se mi ci metto!
grazie cara, sei sempre preziosa